1°Maggio

Agli operai dei turni di notte, con le loro tute sporche di grasso e le mani stanche.

Ai lavoratori degli ospedali e delle ambulanze, che non si fermano perché per loro un minuto può fare la differenza.

Ai camionisti e autisti, perché guidare per certe strade è talvolta una roulette russa.

Agli impiegati di tutti gli uffici, che lavorano di giorno e di notte, che vorrebbero ogni tanto non sentirsi un tutt’uno con la sedia o il PC.

A chi lavora nei panifici perché per me realizza il prodotto più prezioso del mondo.

A chi lavora quando tutti sono in vacanza e si rilassano a tavola o in hotel, perché ha una pazienza rara.

A chi lavora nel commercio e nell’artigianato, perché non è facile trattare con il pubblico.

Agli operai dell’edilizia e dell’agricoltura, perché talvolta anzi troppo spesso rischiano la vita per un paese incapace di tutelarli.

Ai troppi morti sul lavoro, perché morire a lavoro è oltre ogni limite, oltre ogni dignità e logica.

A chi per il proprio lavoro lotta senza sosta, perché sa di aver subito un’ingiustizia, ma anche perché non accada a nessuno di sentirsi un numero o peggio ancora di troppo. Non siete soli. Non siamo soli.

A chi il lavoro lo cerca, dignitoso e in regola, per vivere e contribuire al futuro di questo paese, governato (si fa per dire) da troppo tempo da mediocri, incapaci di decidere, che tergiversano, fanno spallucce, trovano scuse, perché hanno perso per strada il senso di responsabilità, che fa di ogni essere umano una persona degna di tale definizione. Andate voi a casa.

A tutti quelli che lavorano per vivere e un po’ per sopravvivere.

Buon 1 maggio.

Quarantine

Siamo tutti sulla stessa barca. Non credo. Se hai uno yacht e io una barca a remi, no, non siamo tutti sulla stesssa barca. Del resto stare a casa è bello, ma se intorno hai tutte le comodità e gli spazi è un conto, se hai una famiglia e vivi in 50 mq è diverso. E poi non siamo tutti sulla stessa barca solo quando fa comodo. Se fossimo tutti sulla stessa barca saremmo tutti trattati allo stesso modo.

Eroi. I medici e tutto il personale sanitario, i volontari, la protezione civile. Fanno il loro lavoro e anche di più, insieme a tanti altri, gli insegnanti, gli operai, gli impiegati delle aziende di trasporti e altri che non si sono mai fermati. Andrebbe ricordato più spesso e non solo nelle emergenze o perché agiscono in un contesto urgente, che lascia poco spazio all’improvvisazione. Se la Sanità fosse stata privata chi è ricco avrebbe potuto curarsi, chi è povero no. Pensiamoci.

Andrà tutto bene. Non è vero. E non è vero perché andiamo incontro a braccia aperte a una crisi economica più grave della precedente, sarà tutto fermo e ripartire non sarà semplice. Forse è ora di iniziare a fare i conti.

Lombardia. Il primo allarme su questo virus è dello scorso 8 gennaio 2020. Io spero che in Lombardia dopo questa emergenza, Attilio Fontana, Beppe Sala, Giorgio Gori e tutti gli altri abbiano il coraggio di dimettersi. Di dire: “Signori ho fatto degli errori gravi. Non ho saputo gestire questa emergenza. Dovevo chiudere tutto e prima”. #Milanononsiferma è stata un’idea folle. Un errore comunicativo imperdonabile e non si può nemmeno dare la colpa a Rocco Casalino, un po’ perché di colpe ne ha già tante, un po’ perché non c’entra davvero nulla. Arriverà anche il momento delle responsabilità e si spera arrivino presto anche le elezioni.

Operai: “Ecco, io sono una vite. Io sono una cinta di trasmissione, io sono una pompa! E non c’ho più la forza di aggiustarla, la pompa adesso! Io propongo subito di lasciare il lavoro. Tutti!”. Così diceva Lulù Massa nel film di Elio Petri “La classe operaia va in paradiso”. Un grande Gian Maria Volontè. Avrebbero dovuto fermarsi per primi gli operai e dovrebbero fermarsi per un bel po’, perché Confindustria, in tutta questa storia, ha molte responsabilità, molto gravi. E sono responsabili di morte e di dolore, ancora una volta. Scomparissero per sempre. E su questo non ci sono sconti, né discussioni e nemmeno opinioni. O almeno io non le accetto.

Controllo. Flash mob e caccia all’uomo dalle finestre sono diventati preoccupanti. Questa necessità di trovare un colpevole oltre noi mi lascia perplessa e mi dice molto sulla voglia di regime che hanno alcuni. E poco importa se fino a ieri ero quello che “Ma non bisogna fermarsi” mentre adesso “Ho visto una che andava a comprare solo il pane, non va beeeeneeee.” E fino a quando inoltre qualcuno sarà così egoista da pensare “Se proprio si deve ammalare qualcuno, ammalati tu e non infettare gli altri eh” non credo andremo molto lontano.

Smart working. L’alienazione totale dell’individuo. Tra poco non ricorderemo la faccia dei colleghi, il suono della loro voce, l’impegno di ogni giorno. Mi rattrista molto non potermi confrontare, non incontrare uno sguardo di intesa. Non poter condividere decisioni. O farlo solo a distanza. Mi fa soffrire tentare di spiegarmi in email lunghe e farraginose, che forse non verranno capite e rallenteranno problemi che si possono risolvere in pochissimo tempo.
Precisazione. Lo smart working non è nato per far risparmiare i genitori sulla baby sitter. Se hai un figlio, non puoi lavorare e contemporaneamente badare ai bambini. Non è fattibile. Bisogna organizzarsi e bisognerebbe dare sostegno concreto alle famiglie, ai genitori che lavorano, altro che 600 euro per la baby sitter. Molto di più.

Solitudine. Sentirsi soli è triste, stare soli e sentirsi soli è ancora più triste. C’è chi era in difficoltà prima e adesso vede il buio dentro e intorno. Le istituzioni li hanno dimenticati ma il supporto di personale qualificato dovrebbe essere garantito a tutti.

Le parole che ricorderò.

[Quarantena]

Siamo tutti sulla stessa barca. Non credo. Se hai uno yacht e io una barca a remi, no, non siamo tutti sulla stesssa barca. Del resto stare a casa è bello, ma se intorno hai tutte le comodità e gli spazi è un conto, se hai una famiglia e vivi in 50 mq è diverso. E poi non siamo tutti sulla stessa barca solo quando fa comodo. Se fossimo tutti sulla stessa barca saremmo tutti trattati allo stesso modo.

Eroi. I medici e tutto il personale sanitario, i volontari, la protezione civile. Fanno il loro lavoro e anche di più, insieme a tanti altri, gli insegnanti, gli operai, gli impiegati delle aziende di trasporti e altri che non si sono mai fermati. Andrebbe ricordato più spesso e non solo nelle emergenze o perché agiscono in un contesto urgente, che lascia poco spazio all’improvvisazione. Se la Sanità fosse stata privata chi è ricco avrebbe potuto curarsi, chi è povero no. Pensiamoci.

Andrà tutto bene. Non è vero. E non è vero perché andiamo incontro a braccia aperte a una crisi economica più grave della precedente, sarà tutto fermo e ripartire non sarà semplice. Forse è ora di iniziare a fare i conti.

Lombardia. Il primo allarme su questo virus è dello scorso 8 gennaio 2020. Io spero che in Lombardia dopo questa emergenza, Attilio Fontana, Beppe Sala, Giorgio Gori e tutti gli altri abbiano il coraggio di dimettersi. Di dire: “Signori ho fatto degli errori gravi. Non ho saputo gestire questa emergenza. Dovevo chiudere tutto e prima”. #Milanononsiferma è stata un’idea folle. Un errore comunicativo imperdonabile e non si può nemmeno dare la colpa a Rocco Casalino, un po’ perché di colpe ne ha già tante, un po’ perché non c’entra davvero nulla. Arriverà anche il momento delle responsabilità e si spera arrivino presto anche le elezioni.

Operai: “Ecco, io sono una vite. Io sono una cinta di trasmissione, io sono una pompa! E non c’ho più la forza di aggiustarla, la pompa adesso! Io propongo subito di lasciare il lavoro. Tutti!”. Così diceva Lulù Massa nel film di Elio Petri “La classe operaia va in paradiso”. Un grande Gian Maria Volontè. Avrebbero dovuto fermarsi per primi gli operai e dovrebbero fermarsi per un bel po’, perché Confindustria, in tutta questa storia, ha molte responsabilità, molto gravi. E sono responsabili di morte e di dolore, ancora una volta. Scomparissero per sempre. E su questo non ci sono sconti, né discussioni e nemmeno opinioni. O almeno io non le accetto.

Controllo. Flash mob e caccia all’uomo dalle finestre sono diventati preoccupanti. Questa necessità di trovare un colpevole oltre noi mi lascia perplessa e mi dice molto sulla voglia di regime che hanno alcuni. E poco importa se fino a ieri ero quello che “Ma non bisogna fermarsi” mentre adesso “Ho visto una che andava a comprare solo il pane, non va beeeeneeee.” E fino a quando inoltre qualcuno sarà così egoista da pensare “Se proprio si deve ammalare qualcuno, ammalati tu e non infettare gli altri eh” non credo andremo molto lontano.

Smart working. L’alienazione totale dell’individuo. Tra poco non ricorderemo la faccia dei colleghi, il suono della loro voce, l’impegno di ogni giorno. Mi rattrista molto non potermi confrontare, non incontrare uno sguardo di intesa. Non poter condividere decisioni. O farlo solo a distanza. Mi fa soffrire tentare di spiegarmi in email lunghe e farraginose, che forse non verranno capite e rallenteranno problemi che si possono risolvere in pochissimo tempo.
Precisazione. Lo smart working non è nato per far risparmiare i genitori sulla baby sitter. Se hai un figlio, non puoi lavorare e contemporaneamente badare ai bambini. Non è fattibile. Bisogna organizzarsi e bisognerebbe dare sostegno concreto alle famiglie, ai genitori che lavorano, altro che 600 euro per la baby sitter. Molto di più.

Solitudine. Sentirsi soli è triste, stare soli e sentirsi soli è ancora più triste. C’è chi era in difficoltà prima e adesso vede il buio dentro e intorno. Le istituzioni li hanno dimenticati ma il supporto di personale qualificato dovrebbe essere garantito a tutti.

Le parole che ricorderò.

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